lunedì 19 settembre 2011

La scalata del monte La Nuda, fra estate e autunno

Il monte La Nuda è la seconda vetta della parte bolognese dell'Appennino tosco-emiliano.La prima è il Corno alle Scale, che è adiacente a La Nuda, ad Ovest della stessa. Vicini e fisicamente connessi ma molto diversi: il Corno alle Scale è roccioso, pieno di strapiombi e dirupi , di scale o balzi che si inerpicano fino alla sua punta più meridionale, dove si erge la croce metallica, quella per escursionisti esperti perché va affrontata con attenzione. L'escursionista preparato solitamente sceglie la via dell'ampia valle glaciale, il cosiddetto "circo" del Corno alle Scale; chi desidera una via comoda e più sicura potrà invece scegliere di percorrere proprio quella proveniente dal vicino monte de La Nuda, e seguendo il crinale, arrivare a destinazione attraverso i cosiddetti "balzi dell'ora, "le scale" del Corno. In quanto alla Nuda, si tratta di una montagna massiccia ma poco rocciosa, rotonda, di prevalente convessità, e pressoché nuda di vegetazione,  nella sua fascia superiore.


































 [descrizione della montagna e del percorso] [La fascia alberata e i prati] La giornata della scalata: 18 settembre 2011, quasi al cambio di stagione [descrizione degli eventi atmosferici e delle condizioni sulla montagna]

Link:
http://it.wikipedia.org/wiki/Appennino_tosco-emiliano
http://it.wikipedia.org/wiki/Monte_La_Nuda_(BO)


mercoledì 7 settembre 2011

Fiumi all'asciutto.

AMBIENTE
Fiumi all'asciutto.
Nature, Gran Bretagna

I fiumi scorrono indisturbati solo in Alaska, Canada e Siberia e in altre zone remote dell'Amazzonia e dell'Australia settentrionale, mentre nel resto del pianeta le riserve d'acqua dolce sono state compromesse dall'uomo. Almeno 30 dei 47 maggiori fiumi del mondo mostrano segnali di stress. Uno studio su §Nature§ ha per la prima volta messo insieme i due principali aspetti del problema: l'approviggionamento idrico e le minacce alla biodiversità dei corsi d'acqua. Si calcola che l'80 per cento della popolazione mondiale sia in una situazione di potenziale scarsità, mentre è a rischio l'habitat del 65 per cento dei fiumi. Le zone in cui la biodiversità è minacciata coincidono in gran parte con quelle in cui la disponibilità d'acqua è limitata. Per questo, propongono i ricercatori, i programmi d'intervento dovrebbero affrontare i due aspetti insieme.

Ripreso da
Il Diario della Terra,
l'Internazionale N.867 - 8/14 Ottobre 2010

sabato 3 settembre 2011

Allevamento come alternativa alla pesca distruttiva

Come ormai sanno tutti i pesci e gli altri abitanti del mare non sono nelle migliori condizioni. A causa dell'eccessivo sfruttamento la pesca sta trasformando i nostri mari in deserti. L'uso dissennato di fertilizzanti in agricoltura, l'inquinamento sregolato, i continui disastri petroliferi e infine il cambiamento climatico in atto stanno rischiando di compromettere quella che a tutti gli effetti è la madre della vita su questo pianeta, e la base di tutte le risorse. L'oceanosfera è inoltre componente principale e essenziale del clima della Terra.(*) Dobbiamo trovare una soluzione a questi problemi decisivi per il futuro. Per quanto riguarda la pesca una potenziale risorsa "sostenibile" è fornita dall'allevamento. Sempre più specie di pesci si rivelano adatte ad essere allevate nel mare, mentre, per altre specie meglio sarebbe abbandonare la questione: pesca e allevamento entrambi non sono sostenibili nel caso del salmone e, probabilmente anche nel caso dei tonni. Invece per il branzino, per esempio, o per l'orata le cose vanno decisamente meglio. Ma anche per i gamberetti, stando a questo articolo apparso su L'Espresso del 22 luglio 2010
Salmoni rossi del Pacifico risalgono la corrente per deporre le uova.


Gamberetti ecocompatibili
Possono i gamberetti diventare i polli del mare senza danneggiare gli oceani? Se lo chiede `Science" nel titolo di un articolo sull`inquinamento causato da questi allevamenti. ll caso dei gamberetti, allevati tradizionalmente in Asia e in America Latina e ormai diventati la specie da acquacoltura più venduta al mondo dopo la carpa e la tilapia, sta facendo scuola. La produzione, che valeva 100 mila tonnellate nel 1980, è salita a 3 milioni nel 2007. Ma questo sviluppo ha causato una crisi ambientale di enormi proporzioni. Per moltiplicare le vasche gli allevatori, con il consenso dei governi, hanno distrutto enormi estensioni di foreste di mangrovie e hanno costruito una fitta rete lungo le coste in Thailandia, nelle Filippine, in Indonesia e in Ecuador. Ma gli animali allevati nelle vasche - stretti più dei polli in batteria - producono una quantità inverosimile di materiale organico inquinante. Per molti anni questo liquame è stato smaltito direttamente nell`acqua delle baie limitrofe, che poi rientrava nelle vasche contaminandole. Ma una malattia devastante ha obbligato gli allevatori ad affrontare il problema e cambiare strada. Nel 1993 un virus, il Wssv (white spot syndrome virus) distrugge migliaia di allevamenti, fa crollare la produzione: gli allevatori devono per questo ripensare le tecniche produttive utilizzando vivai biologicamente protetti, isolando le singole vasche in modo da evitare il contagio, e soprattutto aerando le vasche con ossigeno che distrugge gran parte dei liquami e rigenera le deiezioni nelle vasche creando nuovo cibo per i gamberetti. Negli anni le tecniche sono state perfezionate, e oggi l`aggiunta di farina di frumento nelle vasche consente ad alcuni batteri di convertire l`ammonio dei liquami prodotti dai gamberetti in proteine nutrienti che diventano il cibo principale dei gamberetti. Per gli allevatori tramutare i liquami in cibo è come trasformare il fango in oro, sia perché alleggerisce il problema dell`inquinamento, sia perché riduce del 50 per cento il bisogno di proteine supplementari per nutrire i gamberetti. Insomma, per risolvere i problemi ecologici è stato necessario convincere i gamberetti a nutrirsi delle proprie feci. Un`idea geniale che dà sollievo all`ambiente.

(*)Per approfondire questo aspetto fondamentale leggi:
Sos Oceani